UNA SETTIMANA SENZA DOLCI.
Dopo anni e anni vissuti con binge eating disorder quando ero molto più giovane, sono rimasta comunque piuttosto amante e dipendente dai dolci. Sono quella che alla fine del pasto al ristorante ha sempre posto per il dessert. La mia colazione è rigorosamente dolce, a merenda mangio un gelato o una cioccolata calda con panna o un pacchetto di wafer. Nonostante io non ecceda nelle quantità come facevo una volta sono sempre un po' dipendente dai dolci. Un periodo senza non l'ho mai vissuto. Ho pensato, adesso, alla soglia dei quarant'anni di provare. Colazione salata o comunque jogurt, non più merende varie. Vorrei provare per una settimana a mangiare solo frutta come dolce e vedere se, la mia pelle, i miei capelli il mio corpo ne trarrà giovamento. Io non sono una persona con grande forza di volontà su diete e sport. Lo sono sul lavoro, lo sono nella vita ma questo mio tallone di Achille prima poi dovrò affrontarlo. Si potrebbe iniziare di domenica o forse dovrei aspettare lunedì...
IL PRIMO BACIO SECONDA PARTE.
Mentre ballavo si avvicina un ragazzo: alto almeno un metro e novanta, molto magro e capelli biondi. Era italiano ma non ricordo precisamente di dove fosse, so che decisi subito che sarebbe stato lui il prescelto. Nonostante di solito mi piacessero di più i mori questa volta non mi importava, era davvero carino e andava bene per la mia missione.
Avrei dato il mio primo bacio ad uno sconosciuto una sera in una discoteca a tantissimi chilometri da casa mia. Lui non mi avrebbe giudicato e anche se lo avesse fatto non avrebbe potuto dire nulla ai miei amici e la cosa sarebbe rimasta lì, in un locale di una città sul mare nella lontana Spagna. Dimenticata, persa, inesistente per tutti tranne che per me.
Non è che lui mi piacesse in modo particolare o che fosse stato un colpo di fulmine, soltanto avevo l'occasione per liberarmi da quella zavorra e sentirmi finalmente uguale a tutte le altre ragazze. Avrei smesso di raccontare delle storie immaginarie, avrei potuto parlare anch'io dei primi approcci senza basarmi solo su quello che leggevo o guardavo alla televisione. Andai a fare un giro per la discoteca con quel tipo, a un certo punto lui mi diede questo fatidico bacio e io rimasi per un istante disorientata, non sapevo cosa fare. L'istinto un po' mi guidò e anche tutte le cose che avevo letto e sentito, ma scoprii che non era proprio la stessa cosa baciare qualcuno che, se pur belle, non ti piaceva affatto. Un bacio deve indurre il desiderio di continuare, se provi un sentimento può scatenare qualcosa di meraviglioso e in quell'attimo provi una felicità assoluta. Non ci fu niente di tutto questo. Lui ci rimase un po' così, forse capì o forse no, comunque poi io tornai dai miei compagni. La mia amica che ci aveva visto mi disse che la mia espressione era stata piuttosto disgustata. Ridemmo e la cosa finì lì. Non importava se ero stata impedita se avevo provato una brutta sensazione e non avrei messo il mio primo bacio tra i ricordi più romantici. Ero felice lo stesso. La zavorra era stata gettata in mare, io ero libera.
Il PRIMO BACIO.
Mentre le mie amiche avevano già conosciuto non solo le vere emozioni del cuore, ma gli approcci fisici con chi quel cuore faceva battere, io non avevo ancora dato il mio primo bacio.
A diciotto anni era diventato un problema. Non poter affrontare certi discorsi con altre ragazze ma al contrario confrontarmi con loro e sentirmi una sfigata mi provocava una vera pressione sociale. Mi sentivo indietro rispetto alle mie coetanee, quella mancanza era diventata come una zavorra da cui dovevo liberarmi. Decisi che era ora di rimediare, anche se non sapevo bene come. In realtà sarebbe bastato accettare il corteggiamento di uno di quei ragazzi che mi giravano intorno, ma temevo il loro giudizio. E se avessero riso di me? Se avessero detto a tutti che ero imbranata? Se poi gli altri mi avessero presa in giro? No, non avrei potuto sopportarlo. Doveva essere fatto altrove e l'occasione venne durante la gita in Spagna, in quarta superiore. Eravamo a Lloret de Mar, una città situata sulla Costa Brava, uno dei luoghi di villeggiatura più popolari. Mi piace a molto come cittadina, ricordo quando la sera passeggiavamo tra le vie e nel lungo mare, curiosando in tutti quei negozietti colorati gestiti per lo più da indiani. Non erano affatto cari. Per strada i ragazzi davano dei biglietti pubblicizzando l'uno o l'altro locale con degli sconti sul bere, naturalmente ne facevamo incetta anche se io sono astemia e non bevevo mai.
E poi arrivò quella sera.
I professori ci lasciarono liberi e decidemmo di andare in una discoteca per assaporare a pieno quei momenti di svago e di divertimento.
L'hotel aveva tutti ospiti anziani tranne noi ed un'altra gita. Dentro c'era una discoteca dedicata a loro, una specie di balera, e una sera anche noi ragazzi ci siamo uniti e abbiamo fatto il trenino insieme, quasi fosse stato capodanno, divertendoci come matti.
LA PRIMA VOLTA.
Avevo venticinque anni, ero in ritardo come lo ero stata per tutte le esperienze amorose della mia vita. Le uscite con qualcuno duravano poco e non riuscivo a superare certi confini.
C'era un ragazzo portoghese, davvero bello, che veniva sempre per le vacanze estive e andava al mare dove andavo io con le mie amiche. Era diverso dagli altri ragazzi che conoscevo perché abitava da solo, lavorava e con lui si poteva parlare di tutto. Ci frequentavamo in modo abbastanza superficiale per tre anni, sempre e solo in quel mese estivo, era la classica relazione estiva che non comportava un impegno per il resto dell'anno. Quell'estate, giorno dopo giorno, man mano che cresceva la nostra intimità, matura sempre più la consapevolezza di voler superare quel confine e di volerlo fare con lui.
Decisi che sarebbe stata l'ultima sera prima della sua partenza. Prenotai un bungalow sulla spiaggia e lo invitai.
Avrei fatto l'amore per la prima volta.
Ancora una volta la mia convinzione era facilitata dal fatto che lui non era delle mie parti, che sarebbe andato via subito dopo e, qualsiasi cosa fosse successa non avrebbe riso di me e soprattutto non avrebbe detto nulla in giro anche perché parlava solo portoghese.
Di lui ho un bel ricordo ma di quella notte, al di là della situazione romantica della casetta in riva al mare e della mia emozione ricordo un grande imbarazzo che provammo entrambi.
Il mattino successivo mi disse piangendo di essersi innamorato di me, forse anch'io ero innamorata di lui. Ci sentimmo per un po' ma la distanza era troppa e non facemmo mai nessuno sforzo per vederci prima dell'estate successiva.
E priva che arrivasse lui si fidanzò con un'altra.
LA PERSONA GIUSTA.
Ho sempre guardato con un pizzico d'invidia tutti quei ragazzi che si fidanzavano a quindici o sedici anni. Alle superiori avevano già trovato l'amore della loro vita, potevano smettere di cercare, potevano smettere di dover dar conto ad amici e parenti del fatto che erano ancora single. Quando hai un fidanzato c'è qualcuno con cui passare i sabati sera, le domeniche pomeriggio. Qualcuno che ti ascolta nei momenti no e qualcuno con cui condividere successi ed insuccessi. Gli altri almeno cambiavano partner all'università, non era sempre lo stesso ma erano sempre in coppia. Io no. Inizialmente non pesava ma dopo i vent'anni quando ai matrimoni degli altri sei l'unica da sola e tutti ti chiedono quando ti troverai un compagno, quando prendi il treno e vedi solo famigliole felici, quando anche la tua migliore amica che era l'unica single come te si fidanza, allora sì, inizia a pesare. A ventisei ventisette ventotto anni se ancora sei single pensi che resterai da sola tutta la vita. Il guaio è che spesso per essere in coppia ti accontenti del nulla. Provi ad uscire con chiunque provi un interesse per te e alla fine è l'ennesimo caso umano.
GIORNATA NAZIONALE DEL FIOCCHETTO LILLA.
Oggi si celebra la XIII Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare (DCA), del quale i più conosciuti sono: l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da Binge-Eating.
Io ho sofferto per oltre dieci anni di Binge eating disorder.
Sono vicina a tutte quelle persone che si trovano dentro a questo vortice dal quale è difficilissimo uscirne e soprattutto è difficilissimo parlarne.
I NONNI.
La casa dei miei nonni la so descrivere in ogni dettaglio. O almeno la casa di quegli anni. C'erano due poltrone e un divano di pelle marrone ormai datati e con i bordi sciupati. Io preferivo sistemarmi su una sedia accanto al tavolo del salotto, non so se per non diventare un tutt'uno con quell'arredamento che un po' sapeva di vecchio o solo perché lì ero più comoda per mangiare. Tutto era sui toni del marrone, del nocciola, anche la mia cameretta, quella che era stata presa per quando mi fermavo a dormire da loro. Avveniva molte volte. C'era un secondo letto, mia nonna, per farmi compagnia, dormiva lì. Alcune volte cacciava il nonno e dormivamo insieme nel letto matrimoniale. Mio nonno era un uomo minuto, ma ricordo le sue mani grandi e come le mie manine, quando le asciugata con estrema delicatezza, scompariranno nelle sue. Era un uomo buono, cercava sempre di aiutare in casa. Alla domenica, quando io e la nonna andavamo a Messa, era lui che cucinava e capitava anche che stirasse o facesse altri lavoretti.
Il MATRIMONIO DEI SOGNI.
La bambine sognano l'abito bianco. Le donne sognano il principe azzurro sul cavallo bianco che le porta via da una vita banale. Io non sognavo il matrimonio. Il pensiero di una grande festa in un ristorante addobbato per l'occasione non mi allettava per niente. Un vestito bianco con lo strascico lungo ed il velo mi impauriva. Io non voglio stare al centro dell'attenzione, non mi è mai piaciuto starci. Dentro una grande Chiesa piena di fiori con tutti che guardavano verso di me non mi ci vedevo proprio. Mi sarei sposata, forse, in un piccolo comune con un banale vestito e poche persone, quelle giuste.
I SOLDI E LA FELICITÀ.
Mi sono domandata spesso quali fossero le mie velleità, quali fossero i miei sogni e soprattutto quale fosse il mio posto nel mondo.
Molti nascono con delle aspirazioni nette oppure con delle passioni talmente grandi che diventano un lavoro. Chi nasce medico, chi nasce artista, chi nasce parrucchiere.
Tanta gente è nata sapendo cosa fare da grande ma io no. Lavorare in un negozio, lavorare in ufficio, lavorare all'interno di un grande magazzino. L'importante era lavorare e portare a casa uno stipendio. Il classico "posto fisso" sarebbe stato ancora meglio, un posto sicuro senza tante pretese. Una cosa che amo e che mi rende felice però c'è. La serenità degli altri. Se potessi farei grandi regali, dividerei soldi con amici e parenti. Sto bene quando gli altri stanno bene e quello che per altri è invidia per me è ossigeno.
LA NOTTE FUORI.
Il momento della gita, in terza media sarebbe stata la prima volta che sarei stata via con le amiche ed avrei dormito fuori casa. Per me si realizzava un piccolo sogno. Ero elettrizzata, ricordo che andai a comprarmi dei vestiti apposta per l'occasione: due magliette, i jeans larghi che si usavano in quel periodo, una giacchetta bianca per la sera.
Ero pronta per partire.
La gita la ricordo come un'esperienza felice. Andammo a visitare le Isole più famose della laguna veneziana. Murano con il suo vetro soffiato e Burano, l'isola delle case colorate e dei merletti; Torcello, dall'atmosfera antica, anche se interrotta da qualche ristorante o albergo dall'aspetto più moderno.
La serata la passammo a Mestre, liberi di girare senza insegnanti e quindi ancora più divertente.
Ero una ragazza a tutto sommato serena e all'apparenza sembrava che tutto andasse bene.
IL PRIMO BATTITO.
A quattordici anni ero magra, portavo i capelli lunghi fino alla fine della schiena, folti, dalle sfumature del castano fino al biondo.
Una sera ero alla festa del paese con le amiche, c'erano le giostre, le bancarelle, musica e confusione.
Chi girava con lo zucchero filato nella mano, chi con il premio del tiro a segno.
A un certo punto vidi un ragazzo, alto con i capelli neri raccolti in un codino. Il cuore iniziò a battere sempre più forte. Non mi sarei mai osata di dirgli qualcosa, ma forse i miei sguardi si notavano perché il suo amico mi indicò con un sorrisino.
Lui però, almeno già diciottenne, passò oltre ed io rimasi con le farfalle che svolazzavano nello stomaco. Ero ancora una ragazzina con cotte che scattavano incomprensibili e proprio per chi inconsciamente sappiamo già non ci vorrà mai.
LE PRIME PASSIONI.
Dall'età di quattro anni ho frequentato la scuola di danza classica del mio paese. Non era stata una scelta animata da chissà quale passione, semplicemente era l'unica scuola di ballo presente.
Cosa avrei voluto fare?
Danza moderna, quella sì che mi sarebbe piaciuta. Niente tutù rosa o scarpine di seta, niente sbarra e musica classica.
La scuola di ballo a cui ambivo era distante, i miei lavoravano e non potevano accompagnarmi, i nonni non avevano mai posseduto una macchina e da sola non potevo certo prendere la corriera.
Ecco una scelta di comodo, un ripiego, però ero una bambina e non potevo puntare i piedi, le motivazioni erano pratiche, in fondo.
Non era molto impegnativo, andavo al corso, mi esercitavo e a fine anno c'era il saggio. Stavo con altre coetanee ed era comunque bello.
Non ricordo se sognassi di diventare una ballerina che si esibiva sui palcoscenici dei teatri, so che andavo con costanza senza recriminazioni ma nemmeno senza particolare entusiasmo, fino a quando man mano mi stanchi.
Dopo dieci lunghi anni smisi, i due pomeriggi a settimana che dedicavo alla danza diventarono di televisione e noia.
Avrei potuto continuare almeno fino alla maggiore età se quella fosse stata davvero una passione.
Ma non lo era.
LA PRESENZA, L'ATTENZIONE.
L'essere lasciata dai nonni, durante l'adolescenza, non soltanto quella volta ogni tanto ma tutti i giorni della settimana forse, su di me, ha pesato troppo. La noia dei pomeriggi passati lì, sul divano di pelle sgualcita, a guardare la televisione senza sapere nemmeno cosa sognare per il mio futuro. Ad un certo punto qualcosa è successo, come un equilibrio delicato che però all'improvviso si spezza. Una scheggia su una lastra di vetro poi un'altra, non ci fai nemmeno caso subito, però la scheggia si allarga e alla fine quel vetro si può rompere. Per me accadde quando avevo quattordici anni, tutto cambiò senza che ne capissi davvero il motivo.
COMINCIAMO BENE LA GIORNATA.
La colazione, il momento della giornata in cui posso mangiare quello che voglio senza dover pensare troppo. Stamattina il giusto per me erano dieci biscotti secchi, una tazza di the verde e cinque mandorle. Uscita di casa ho preso il solito caffè con un'amica. Dovrei fare lo spuntino a metà mattinata ma il caos a lavoro non me lo permette. A pranzo avevo il minestrone e, dopo, ho mangiato una banana. La frutta andrebbe consumata lontano dai pasti ma io voglio cambiare le abitudini piano piano quindi, per ora va bene così. Il mio problema principale è il momento della merenda perché vuoi per noia vuoi per gola vorrei sempre mangiare qualche schifezza. Oggi ho optato per un pugno di noci sperando di non ricadere in qualcosa preso dentro la dispensa. Ho acquistato ieri le prime due uova di Pasqua e potrei approfittarne per fare un dolce da mangiare domattina. Facendo un lavoro sedentario dovrei anche iniziare a muovermi perché le scale di casa per cercare vestiti o altro ahimè non bastano. La sera è ancora lontana e magari troverò un'ispirazione anche per questo.
INIZIAMO DOMANI CHE E' LUNEDI'.
Sono anni e anni che penso di voler essere più tonica, avere la pancia più piatta, le gambe e le braccia con più muscoli. Per la salute è fondamentale mangiare bene e muoversi. Ogni giorno mi ripeto che dovrei camminare di più, fare degli esercizi di ginnastica o di stretching. Ogni giorno mi ripeto anche che non posso sempre cedere a gelato, cioccolata calda, pizza e cibi troppo spesso poco salutari. Domani è sempre un altro giorno e le mie mille buone intenzioni si esauriscono. Non posso pensare di cambiare tutte le mie cattive abitudini in un giorno ma posso provare a modificarne una alla volta cercando di trovare la migliore versione di me.
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